Esercizio intensivo trovato per rallentare la progressione della malattia di Parkinson: un promettente approccio non farmacologico

La malattia di Parkinson, una condizione neurodegenerativa comune con un impatto globale, viene tipicamente gestita attraverso terapie farmacologiche volte ad alleviare i sintomi.

Tuttavia, la ricerca emergente condotta dai neuroscienziati della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica, Campus di Roma, e dalla Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS presenta una possibilità intrigante: l’esercizio intensivo come potenziale approccio non farmaceutico per rallentare l’avanzamento della malattia.

Capire il meccanismo

Nella loro pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science Advances, lo studio condotto dal professor Paolo Calabresi e dal suo gruppo di ricerca ha trovato un meccanismo rivoluzionario.

L’esercizio intensivo, quando eseguito durante le prime fasi della malattia di Parkinson, avvia una serie di effetti positivi duraturi sul controllo del movimento. La scoperta chiave dello studio è che l’esercizio intensivo stimola la produzione del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF).

Questo è un fattore di crescita cruciale noto per la sua associazione con la plasticità cerebrale e la sopravvivenza dei neuroni.

Effetti positivi dell’esercizio

I risultati sull'impatto dell'esercizio sulla malattia di Parkinson sono significativi.  (Gustavo Fring/Pexels)
I risultati sull’impatto dell’esercizio sulla malattia di Parkinson sono significativi. (Gustavo Fring/Pexels)

I ricercatori hanno condotto un programma di allenamento su tapis roulant di quattro settimane utilizzando un modello animale di Parkinson allo stadio iniziale per studiare l’impatto dell’esercizio sul cervello.

I loro risultati hanno evidenziato il ruolo significativo del BDNF nel mediare gli effetti positivi dell’esercizio. In particolare, hanno osservato una diminuzione nella propagazione degli aggregati patologici di alfa-sinucleina, che sono prevalenti nella disfunzione neuronale nella malattia di Parkinson.

Si è scoperto che gli effetti neuroprotettivi dell’attività fisica sono collegati alla conservazione dei neuroni che rilasciano dopamina e al ripristino della plasticità dipendente dalla dopamina nello striato, una regione critica del cervello coinvolta nel controllo motorio.

Questi risultati forniscono preziose informazioni sui meccanismi sottostanti attraverso i quali l’esercizio esercita i suoi benefici nella malattia di Parkinson.

Esercizi per la malattia di Parkinson

Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per applicare clinicamente questi risultati, incorporare esercizi specifici nella routine di un paziente può avere benefici. Ecco alcuni esercizi che mostrano risultati promettenti nella gestione del morbo di Parkinson:

Esercizio aerobico : impegnarsi in attività come camminare a ritmo sostenuto, andare in bicicletta, nuotare o ballare può migliorare la forma cardiovascolare , migliorare la mobilità generale e migliorare l’umore.

Allenamento della forza : incorporare esercizi di resistenza utilizzando pesi, fasce di resistenza o peso corporeo può aiutare a mantenere la forza muscolare e migliorare l’equilibrio e la stabilità.

Flessibilità e stretching : esercizi di stretching delicati possono aumentare la flessibilità, ridurre la rigidità muscolare e migliorare la mobilità.

Esercizi di equilibrio e coordinazione : attività come il tai chi, lo yoga o esercizi di allenamento dell’equilibrio possono migliorare l’equilibrio, la stabilità e la coordinazione.

Allenamento dual-task : l’esecuzione di compiti cognitivi contemporaneamente ad attività motorie, come camminare mentre si conta o eseguire semplici calcoli mentali, può migliorare le capacità di multitasking.

La scoperta di esiti benefici derivanti dall'esercizio fisico intenso fa sperare in una migliore gestione della malattia e nel potenziale per modificare la progressione della condizione (Victor Freitas/Pexels)
La scoperta di esiti benefici derivanti dall’esercizio fisico intenso fa sperare in una migliore gestione della malattia e nel potenziale per modificare la progressione della condizione (Victor Freitas/Pexels)

La ricerca dell’Università Cattolica, Campus di Roma, e della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS apre la strada alle cure non farmacologiche per il Parkinson.

L’identificazione di un nuovo meccanismo e la comprensione degli effetti positivi dell’esercizio sulla plasticità cerebrale potrebbero portare alla scoperta di bersagli terapeutici e marcatori funzionali per futuri interventi. Gli studi clinici in corso stanno studiando il potenziale dell’esercizio intensivo per monitorare la progressione della malattia e rallentarne l’avanzamento nei pazienti in fase iniziale.

Mentre la malattia di Parkinson presenta sfide significative, la scoperta degli effetti positivi dell’esercizio fisico intenso offre speranza per una migliore gestione e una potenziale modifica della malattia.

L’integrazione dell’esercizio nei piani di trattamento può aiutare a preservare il controllo motorio, migliorare la funzione cognitiva e migliorare la qualità generale della vita delle persone con Parkinson.

Mentre l’esercizio da solo non può sostituire le terapie farmacologiche, può integrare i trattamenti esistenti e aprire le porte a nuovi approcci non farmacologici nella cura del morbo di Parkinson.

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