Reuters ha riferito il 12 (ora locale) che un tribunale di Milano, Italia, ha nominato un commissario speciale il 10 per supervisionare la divisione di produzione di borse di Dior, che rientra sotto l’ombrello di LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy). Questo passo è stato intrapreso a seguito di un’indagine della procura di Milano sulle pratiche di lavoro illecite diffuse nel settore del lusso.
L’inchiesta ha scoperto che un’azienda cinese che produceva borse per Dior costringeva alcuni dipendenti a lavorare turni di 15 ore, il che violava le leggi sul lavoro. Le borse realizzate durante questi turni prolungati venivano vendute a Dior per 53 euro (equivalenti a 80.000 KRW), ma venivano poi vendute nei negozi Dior per 2.600 euro (circa 3,84 milioni di KRW).
Dopo un’indagine durata un decennio, i procuratori hanno scoperto pratiche di lavoro illegali in corso nel settore del lusso. L’ultima inchiesta ha rivelato che immigrati clandestini lavoravano di notte in officine vicino a Milano, risiedevano e cenavano in loco e lavoravano persino nei giorni festivi. Inoltre, è stato confermato che azionavano macchinari senza le necessarie precauzioni di sicurezza.
Ad aprile, anche Giorgio Armani è stato oggetto di azioni simili da parte del tribunale, secondo un rapporto di Reuters. Un subappaltatore di Armani è stato scoperto aver pagato ai propri lavoratori 2-3 euro (equivalenti a 3-4 mila KRW) per 10 ore di lavoro per produrre borse. Queste borse sono state poi vendute ai fornitori di Armani per 93 euro (circa 140.000 KRW), che le hanno poi rivendute ad Armani per 250 euro (circa 370.000 KRW). Il prezzo finale al dettaglio per queste borse è stato di 1.800 euro (circa 2,67 milioni di KRW).
Dopo l’incidente di Dior, c’è stata una crescente richiesta di indagini approfondite sui costi di produzione per altri marchi di lusso. LVMH, la società madre di Dior, detiene anche la proprietà di molti altri marchi come Louis Vuitton, Celine, Givenchy e Fendi. Secondo Investing.com, il fatturato totale di LVMH nell’anno precedente è stato di 86,1 miliardi di euro (circa 128 trilioni di KRW). Il costo dei beni venduti è stato di 26,8 miliardi di euro (circa 50 trilioni di KRW), con un margine di profitto lordo di circa il 70%.
Di recente, è stato reso noto che TAG Heuer, il marchio di orologi di lusso di proprietà di LVMH, è stato vittima di un incidente di hacking che ha portato all’esposizione di circa 2.900 informazioni personali appartenenti ai suoi clienti coreani. La Commissione per la protezione delle informazioni personali e l’industria del lusso hanno confermato che TAG Heuer è stata hackerata durante il processo di ricostruzione del suo sito Web tra la fine del 2019 e il 2020, con conseguente furto di dati dei clienti da tutto il mondo, inclusi nomi, generi e paesi di origine. Le informazioni trapelate includevano anche dati personali appartenenti a circa 2.900 utenti coreani.
Nonostante le minacce di un hacker, TAG Heuer è rimasta all’oscuro della violazione per diversi anni, fino a maggio dell’anno scorso. Dopo aver scoperto la violazione, l’ha prontamente segnalata alla Personal Information Protection Commission e ha informato le persone interessate. Tuttavia, la loro segnalazione è stata ritardata e non era in linea con il precedente requisito del Personal Information Protection Act, che stabiliva che i gestori dei dati devono segnalare le violazioni alla Commissione entro 24 ore e informare gli utenti. Ciò è stato confermato durante l’indagine della Commissione.
Un portavoce della Personal Information Protection Commission ha dichiarato che, nonostante i dati dei clienti siano stati compromessi a livello globale, la sede centrale di TAG Heuer in Francia non lo ha ritenuto un problema importante in altri paesi e ha ritenuto che fossero state adottate misure appropriate. Di conseguenza, non sono state intraprese ulteriori azioni. Questa decisione potrebbe essere la prima del suo genere in Corea.
La Commissione ha annunciato il 14 febbraio che avrebbe imposto una multa di 12,6 milioni di KRW a “TAG Heuer Branch of LVMH Swiss Manufacturer”, la società madre di TAG Heuer, per fuga di dati. È stata inoltre imposta un’ulteriore multa di 7,8 milioni di KRW per il mancato rispetto delle misure di sicurezza e degli obblighi di segnalazione. Tuttavia, i dettagli specifici di questa decisione non sono stati divulgati al pubblico.
Un funzionario della Commissione ha chiarito che la decisione di mantenere riservati i procedimenti, compreso il caso TAG Heuer, è stata presa a causa della necessità di un ulteriore esame di altri punti all’ordine del giorno discussi in quel momento.
Un rappresentante di TAG Heuer in Francia ha risposto via e-mail alle sanzioni della Commissione, affermando che l’azienda sta prendendo la decisione seriamente e continuerà a investire nella salvaguardia delle informazioni dei clienti contro i reati informatici. L’azienda ha implementato misure tecniche per prevenire l’uso improprio di qualsiasi informazione trapelata e ha anche informato i clienti e le autorità. È stato confermato che non è stato effettuato alcun accesso fraudolento a nessuna informazione finanziaria dei clienti, inclusi numeri di carte di credito e di conto.
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